Viviamo un tempo bislacco! Un tempo in cui derisione, disprezzo, empietà e ludibrio sono i sentimenti palesati con italico orgoglio ad ogni naufragio di stato, ogni volta che un ministro dell’odio invoca repressione, intolleranza, esclusione, nei confronti di un’umanità disperata il cui crimine è quello di essersi aggrappata alla vita – su barconi carichi di sofferenza, di morte, di carburante che ustiona la pelle, di vomito e di urina – che la violenza come un fiume in piena trascina via.
In fondo al mediterraneo, in mezzo a trentaquattromilaottocentosettanta morti affogati da leggi omicide, è sepolto il senso di umanità dell’occidente: naufragato, morto, affondato anch’esso. L’attuale governo ha legalizzato i sentimenti peggiori di una parte di questo paese, ha sdoganato violenza e terrore, lungo la via spianata dai precedenti governi alla guida del paese. Eppure non possiamo arrenderci alla barbarie. Né voltare la testa dall’altra parte. Perché verrà il giorno in cui il tribunale della storia ci processerà. Tutti! Da una parte gli oppressi; dall’altra gli imputati: i carnefici e gli indifferenti. Colpevoli di disumanità. O della convinzione che ci sia qualche merito nell’essere nati e vissuti dalla parte “giusta” del mondo, di essere dei privilegiati. Quella parte del mondo nella quale non nasci con il destino già segnato. Che se vivi o muori dipende dalla distanza dalla tua casa, millimesimale, alla quale cadrà la prossima clusterbomb. Che si vivi o muori dipende da quanto tempo le tue articolazioni riescano a resistere mentre a testa in giù senti cuore, polmoni e fegato comprimersi in una morsa atroce, rinchiuso in una cella buia e maleodorante, umida e minacciosa, in balìa di assassini e di mercanti di uomini. Che se vivi o muori dipende dalla violenza di un mare in tempesta, da quanto tempo ci metteranno gli uomini coi salvagente a tirarti fuori dalle fauci scure che avvolgono il tuo corpo di bambino, mentre pensi alla tua mamma che è già scivolata giù, alla sorellina che è ormai un punto colorato trascinata via dalle onde, alle braccia di tuo padre che non ti reggono più, a quel paradiso – ti avevano detto – verso il quale eri diretto: un paese nel quale i bambini giocano, corrono, ridono e vanno a scuola. Che se vivi o muori è solo un gioco atroce, spietato e maledetto. E tu, colpevole di esistere, sei la palla che viene lanciata al centro, calciata ai margini, annullata dai capricci dei potenti. Che se, per puro caso vivi, vieni “accolto” all’interno di uno dei tanti centri per minori non accompagnati del “paese/paradiso” nel quale sognavi di vivere con la tua famiglia che giace, adesso, in fondo al mare. E tu, piccolo uomo dalla ferita enorme in fondo al cuore, trascini la tua vita, i tuoi piedi stanchi, la tua pena inenarrabile, in un centro che non accoglie, non protegge, non cura il tuo dolore.
Sono oltre 18.000 i minori non accompagnati ospiti dei centri di accoglienza prefettizi in Italia. Vite estremamente vulnerabili, cariche di violenze, di lutti, di torture, di schiavitù e di privazioni. Bambini che vivono un’età sospesa tra paura di non farcela, traumi da superare, diritti negati e burocrazia normativa. Spesso ospiti all’interno di strutture sovraffollate, centri nei quali mancano i servizi minimi di accoglienza, nei quali sono spesso suscettibili di ulteriori abusi, di ulteriori violenze. Vittime di un sistema di accoglienza assolutamente inadeguato e inefficiente che delega le vite dei minori nelle mani di cooperative improvvisate e di attori sociali di dubbia integrità.
“Questa è casa mia, hai capito. Casa mia! Non voglio sentire una parola, non voglio sentire un lamento. Altrimenti vi caccio a calci!” urla la responsabile di un centro di accoglienza a Filadelfia, nel vibonese, ai minori ospiti della Onlus “Da donna a donna”. E minaccia di rispedirli in Africa. Si tratta del servizio andato in onda il 17 Luglio 2018 sul Tg3 Calabria, a cura della giornalista Maria Elena Scandaliato. A seguire, nel corso di una lunga intervista, il coordinatore della consulta regionale sui MSNA, Maurizio Alfano, denunciava le (s) torture istituzionali che i minori subiscono ad opera di associazioni/carnefici che sulla loro pelle lucrano . Vittime del business sull’accoglienza ad opera di affaristi. Il servizio denunciava una serie di atteggiamenti intimidatori messi in atto nei confronti dei minori ospiti del centro così come gravi carenze dal punto di vista dell’accoglienza, quali mancata somministrazione dei farmaci al bisogno, del pocket money, esternazioni razziste da parte dei responsabili, somministrazione di cibo di scarsa qualità. E’ di due giorni fa la denuncia nei confronti di Maurizio Alfano per “istigazione alla disobbedienza alle leggi dello stato, ovvero alle classi sociali” da parte della responsabile del centro, Joan Azzurra Pelaggi. Qualche settimana prima, una denuncia era stata presentata anche nei confronti della brava e competente giornalista Maria Elena Scandaliato. Denunciati, entrambi, da chi – con il beneplacito di prefetture e politici – realmente fomenta l’odio tra le classi, specula sulle vite dei minori, mette in atto pratiche mafiose e intimidatorie. Esprimiamo incondizionata solidarietà a entrambi: a Maurizio, compagno di tante battaglie politiche, attivista serio e sempre in prima linea nella difesa dei diritti degli ultimi. E a Maria Elena, giornalista coraggiosa, tenace e determinata.
Associazione Culturale Multietnica La Kasbah
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